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"La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca "Facebook&

  • annalisadami
  • 8 mar 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Cass. pen. Sez. V, Sent. del 24 febbraio 2016, n. 7264

"....configura una condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone (Cass., n. 24431 del 28/4/2015). La cognizione del reato rientra, pertanto, nella competenza del Tribunale, e non già del Giudice di pace, ai sensi del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 4, che limita la competenza del Giudice di pace alle ipotesi previste dall'art. 595 c.p., commi 1 e 2, e non anche a quelle previste dal cit. articolo, comma 3."

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAVANI Piero - Presidente -

Dott. SETTEMBRE Antonio - rel. Consigliere -

Dott. GUARDIANO Alfredo - Consigliere -

Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere -

Dott. FIDANZIA Andrea - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.L. N. IL (OMISSIS);

Z.A. N. IL (OMISSIS);

Z.R. N. IL (OMISSIS);

nei confronti di:

V.C. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 240/2015 GIUDICE DI PACE di LECCE, del 08/04/2015;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/12/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE;

- Udito il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, Dr. Rossi Agnello, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso delle parti civili.

Udito, per i ricorrenti, l'avv. D'Errico Fabrizio, che si è associato alla richiesta del Pubblico Ministero.

Udito, per l'imputata, l'avv. VERGINE Francesco, che ha chiesto la reiezione dei ricorsi.

Svolgimento del processo

1. Il Giudice di pace di Lecce ha, con la sentenza impugnata, dichiarato non doversi procedere nei confronti di V.C. per il reato di ingiuria e per quello di diffamazione, ritenuta la particolare tenuità del fatto.

La donna era accusata di aver inviato un SMS sul telefono cellulare di Z.A. e messaggi alla bacheca Face Book di Z. A., V.L. e Z.R. aventi contenuto offensivo dell'onore e della reputazione dei destinatari. Il Giudice ha respinto l'eccezione di incompetenza per materia sollevata dalle persone offese - in quanto tardivamente proposta.

2. Contro la suddetta decisione ha proposto ricorso per Cassazione il difensore delle parti offese, costituite parti civili, lamentando, con unico motivo, la violazione delle regole di competenza. Deduce che la diffamazione, quando è aggravata ai sensi dell'art. 595 c.p., comma 3, è di competenza del Tribunale e che la relativa eccezione è sempre proponibile.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

1. Effettivamente, come correttamente rilevato dai ricorrenti, la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca "facebook" integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595 c.p., comma 3, poichè trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone (Cass., n. 24431 del 28/4/2015). La cognizione del reato rientra, pertanto, nella competenza del Tribunale, e non già del Giudice di pace, ai sensi del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274,art. 4, che limita la competenza del Giudice di pace alle ipotesi previste dall'art. 595 c.p., commi 1 e 2, e non anche a quelle previste dal cit. articolo, comma 3.

2. L'eccezione di incompetenza per materia era stata sollevata dalle parti civili costituite all'udienza dell'8 aprile 2015 e rigettata perchè proposta dopo l'apertura del dibattimento. Senonchè, il Giudice di pace non ha tenuto conto del disposto dell'art. 21 c.p.p., secondo cui la incompetenza per materia è rilevata, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo che venga dedotta la competenza di un giudice inferiore (nel qual caso va eccepita entro i termini di cui all'art. 491 c.p.p.). Ne consegue che, anche se proposta dopo l'apertura del dibattimento, l'eccezione delle parti civili non poteva - nella specie - essere dichiarata tardiva, con la conseguenza che la sentenza impugnata va annullata con trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente.

3. Non è condivisibile la tesi sostenuta, in udienza, dal difensore dell'imputato, secondo cui le parti civili non avrebbero interesse a far valere la nullità che - nel caso di specie - si è verificata.

E' pacifico che l'interesse ad impugnare deve essere ravvisato in concreto, non essendo sufficiente un interesse meramente virtuale alla esattezza giuridica della decisione, e che l'interesse richiesto dall'art. 568 c.p.p., comma 4, quale condizione di ammissibilità dell'impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento giudiziale, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante rispetto a quella esistente (Cass., n. 32850 del 30/6/2011).

Nel caso di specie non può negarsi che la parte civile abbia un interesse concreto alla rimozione del provvedimento impugnato, giacchè il giudizio sulla particolare tenuità del fatto è stato svolto in relazione ad un reato (quello di cuiall'art. 594 c.p.) meno grave di quello ravvisabile in concreto; inoltre, ha precluso alla parte civile la possibilità di ottenere, già nella sede propria, una condanna del responsabile al risarcimento del danno o, comunque, una condanna da far valere in sede civile. Occorre tener conto, invero, del fatto che - per il disposto dell'art. 651 c.p.p., come modificato dal D.Lgs. n. 28 del 2015 - la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale, ma solo quando si tratti di sentenza pronunciata in seguito a dibattimento. Nella specie, invece, la sentenza del Giudice di pace è stata emessa dopo l'apertura del dibattimento, ma senza procedere al dibattimento, perchè - a quanto si legge in sentenza - emessa, su richiesta della difesa, prima dell'assunzione delle prove e in un momento in cui il Giudice non aveva potuto apprezzare la reale offensività della condotta ascritta all'imputata. La sentenza non potrebbe essere invocata, pertanto, in sede civile per il risarcimento del danno; il che comporta indubbiamente un effettivo pregiudizio per le persone offese, costituite parte civile.

Tanto, a prescindere dal fatto che - secondo la pregressa giurisprudenza di questa Corte - la causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131 bis c.p., non è applicabile ai procedimenti davanti al Giudice di Pace, poichè in questi si applica la disciplina prevista dal D.Lgs. cit., art. 34, da considerarsi norma speciale, e quindi prevalente, rispetto a quella dettata dal codice penale (Cass., n. 38876 del 20/8/2015).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica presso il competente Tribunale di Lecce.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2016

 
 
 

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